Per gli Operatori Socio Sanitari la solita presa in giro
Nessuna traccia, a distanza di mesi dalla firma del CCNL, dell'Area Socio Sanitaria.
PER GLI OPERATORI SOCIO SANITARI LA SOLITA PRESA IN GIRO
Con l’emanazione della Legge Lorenzin, si prevedeva la costituzione dell’Area delle Professioni Socio-Sanitarie nella quale sarebbero dovuti confluire gli Assistenti sociali, gli Educatori professionali, i Sociologi e, finalmente, gli Operatori Socio Sanitari che avrebbero trovato, dopo tanto tempo, una collocazione che li avrebbe tolti dal ruolo tecnico nel quale sono relegati e mortificati.
Con l’avvicinarsi delle elezioni RSU, per cercare un consenso elettorale, sono state fatte filtrare ad arte, da parte dei sindacati concertativi, voci di passaggio dalla categoria Bs alla categoria C e addirittura di passaggio nel ruolo sanitario per tutti gli OSS.
Il Contratto nazionale, firmato nel 2018, che avrebbe dovuto dare concretezza e applicazione alla Legge Lorenzin e alle promesse elettorali, non ha chiaramente risolto niente se non concedere alcune indennità dalle quali gli Operatori Socio Sanitari, non essendo inquadrati nel ruolo sanitario, erano esclusi. La discussione sul riordino delle professioni e sull’istituzione dell’Area delle Professioni Socio-Sanitarie è stata delegata, e di fatto rimandata, al lavoro di una commissione paritetica che si sarebbe dovuta riunire entro 30 giorni dalla firma del Contratto.
Niente di tutto questo naturalmente si è avverato e, a Contratto già abbondantemente scaduto dal 31 dicembre 2018, gli OSS continuano a mantenere l’ambiguità nel loro inquadramento contrattuale e la loro subalternità, figlia anche del dualismo scaturito dal corporativismo che ha trovato spazio fra le Professioni sanitarie.
Le promesse di risoluzione dei problemi si sono rivelate per quello che erano in realtà, cioè appunto solo promesse e gli OSS rimangono, a dispetto del loro impiego nell’assistenza diretta al malato, a dispetto della loro attività reale e a dispetto della loro oramai acclarata indispensabilità, nel ruolo tecnico.
I modelli di cura e assistenza hanno imposto, nel tempo, la ridefinizione del ruolo e della funzione dell’Infermiere nell’ambito dell’equipe assistenziale, ed è quindi necessario che tale impostazione sia completata con l’integrazione di personale OSS certo della propria autonomia operativa e delle proprie attribuzioni, coordinato da un professionista responsabile del processo e prescrittore di prestazioni assistenziali.
Invece gli Operatori Socio Sanitari nei reparti, nelle aree critiche, negli ambulatori, nelle diagnostiche, sono chiamati a fare di tutto, sono costretti a far fronte a richieste di prestazioni che esulano dal loro profilo – profilo per certi versi ambiguo e che avrebbe necessità di una revisione –, hanno visto sparire dal loro orizzonte qualsiasi ipotesi che prevedesse il riconoscimento della formazione complementare e negli anni, hanno sofferto un rilevante incremento di mansioni senza riconoscimento né giuridico né salariale.
E’ necessario quindi, per superare ogni discriminazione economica e giuridica, per far risaltare l’importanza che l’Operatore Socio Sanitario riveste nel percorso assistenziale sia ospedaliero che territoriale e per dare risposte alle legittime richieste di questa figura professionale, aprire un percorso rivendicativo a tutti i livelli – aziendale, regionale e nazionale – impedendo e ostacolando qualsiasi forma di corporativismo che vada a indebolire ulteriormente i lavoratori ed a metterli in contrapposizione e conflitto.